Onorevoli Colleghi! - La presente proposta di legge recante «Modifiche alla legge 31 maggio 1965, n. 575, in materia di destinazione e gestione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali» si inscrive nel quadro delle iniziative tese ad aggiornare in termini coerenti con l'evoluzione economico-sociale, il novero degli istituti attraverso cui si realizza la lotta ai patrimoni delle organizzazioni criminali e mafiose.
      In tale contesto l'impegno profuso dal Parlamento e dal Governo durante la XIII legislatura allo scopo di definire concrete proposte di riforma dell'apparato normativo del contrasto patrimoniale alle mafie ha prodotto risultati sicuramente importanti.
      Sotto questa luce vanno considerati i contributi di analisi e di elaborazione proposti dalla Commissione parlamentare di inchiesta sul fenomeno della criminalità organizzata mafiosa o similare nelle relazioni presentate al Parlamento e approvate quasi sempre all'unanimità.
      Ancora, è da citare tra le fonti cui si ispira la presente proposta di legge, il fondamentale lavoro svolto dalla Commissione per la ricognizione e il riordino della normativa di contrasto della criminalità organizzata, presieduta dal professor Giovanni Fiandaca e istituita con decreto dell'allora Ministro della giustizia, professor Giovanni Maria Flick, il 15 ottobre 1998. Parte di quel lavoro, peraltro, era confluito nella proposta di legge presentata nella XIII legislatura, recante «Nuove disposizioni contro la mafia» (atto Camera n. 2779), mirata alla riforma dell'articolo 416-bis (associazione di tipo mafioso) e dell'articolo 416-ter (scambio elettorale politico mafioso) del codice penale e dell'articolo 12-sexies (ipotesi particolari di

 

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confisca) del decreto-legge n. 306 del 1992, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 356 del 1992.
      Nel Paese è avvertita, com'è noto, l'esigenza di dare concretezza alla battaglia ai patrimoni mafiosi attraverso azioni e fatti che diano il segno e la dimostrazione tangibile che la mafia può essere sconfitta. Un siffatto obiettivo è raggiunto quando i beni illecitamente accumulati dalle organizzazioni criminali vengono sequestrati e confiscati, ma soprattutto quando essi vengono effettivamente destinati all'uso sociale e proficuamente utilizzati.
      La finalità della proposta di legge è dunque di rendere l'impianto normativo il più possibile adeguato allo scopo di pervenire, tempestivamente e nel rispetto delle garanzie di legge, alla concreta utilizzazione dei beni confiscati alle mafie da parte dei soggetti legittimati.
      Da questo punto di vista l'esperienza del commissario straordinario del Governo per la gestione e la destinazione dei beni confiscati ad organizzazioni criminali è stata, fino alla sua cessazione a partire dal 2004, assolutamente decisiva per individuare le linee dell'intervento riformatore.
      Il citato commissario, peraltro, in adempimento dei compiti attribuitigli dal decreto del Presidente della Repubblica 19 gennaio 2001, ha elaborato importanti proposte al fine di assicurare la proficuità delle gestioni e l'effettività dell'uso sociale dei beni confiscati alle organizzazioni criminali.
      Con la presente proposta di legge, che fa proprio il lavoro svolto dal predetto commissario, riteniamo di offrire al Parlamento una valida base di discussione al fine di dare veste normativa a innovazioni necessarie per dare adeguata risposta alla esigenza di riforma del settore.

Articolo 1: modifiche all'articolo 2-ter della legge n. 575 del 1965.

      Si tratta, all'evidenza, della norma fondamentale in materia di sequestro e confisca di prevenzione. L'intervento operato si limita a disciplinare l'ipotesi in cui sia stato disposto il sequestro penale in epoca successiva all'adozione del sequestro di prevenzione avente ad oggetto gli stessi beni.
      La norma, introdotta dall'articolo 2, comma 2, della legge 19 marzo 1990, n. 55, stabilisce la prevalenza del sequestro penale rispetto a quello disposto nell'ambito del procedimento di prevenzione (in considerazione della «priorità logica e formale» del processo penale), disciplinando, però, espressamente solo l'ipotesi in cui il sequestro di prevenzione segua cronologicamente quello disposto in sede penale, prevedendosi, in specie, che il sequestro e la confisca possano essere disposti anche in relazione a beni «sottoposti» a sequestro in un procedimento penale; opera, in tal caso, la sospensione degli effetti del sequestro di prevenzione per tutta la durata del procedimento penale, determinandosi l'estinzione di detti effetti qualora venga disposta la confisca degli stessi beni in sede penale.
      In giurisprudenza è prevalente l'orientamento secondo il quale la disposizione in parola debba trovare applicazione anche qualora il sequestro penale segua quello di prevenzione. L'inserimento, nel nono comma dell'articolo 2-ter, di una previsione che espressamente disciplina i rapporti tra sequestro disposto in sede penale e quello di prevenzione anche nell'ipotesi in cui gli stessi beni oggetto di sequestro di prevenzione formino successivamente oggetto di sequestro disposto nell'ambito di un procedimento penale serve a fugare residui dubbi interpretativi che, in casi peraltro isolati, hanno determinato la caducazione del sequestro di prevenzione disposto in epoca antecedente al provvedimento di coercizione reale emesso nel procedimento penale.

Articolo 2: modifiche all'articolo 2-quater della legge n. 575 del 1965.

      Il testo proposto regola le forme di apprensione dei beni oggetto del sequestro di prevenzione.
      Nel comma 1 il riferimento al sequestro disposto ai sensi dell'articolo 2-ter è stato esteso anche all'analogo provvedimento

 

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cautelare emesso ai sensi dell'articolo 2-bis della legge n. 575 del 1965, inserendosi così nella disposizione oggetto di proposta anche il cosiddetto «sequestro anticipato» disposto dal presidente del tribunale, al fine di estendere anche a tale sequestro la disciplina prevista dalla norma in commento.
      Nel comma 1, inoltre, sono indicate compiutamente le modalità di esecuzione del sequestro facendo specifico riferimento all'oggetto del sequestro medesimo: beni mobili, crediti, beni immobili, beni registrati, beni aziendali organizzati per l'esercizio di una impresa, azioni, quote sociali e strumenti finanziari dematerializzati, ivi compresi i titoli del debito pubblico.
      In particolare:

          a) per i mobili e crediti il rinvio è alla disciplina del codice di procedura civile in quanto applicabile;

          b) per gli immobili ed i beni mobili registrati il sequestro si esegue con la trascrizione, come avviene in sede civile;

          c) per i beni che fanno parte dell'azienda, il sequestro riguarda un'universalità di beni. Si è previsto che esso si attui con l'iscrizione del provvedimento nel registro delle imprese, secondo la disciplina dettata dall'articolo 2556 del codice civile (sia pure ad probationem). Il rinvio alle modalità previste per i singoli beni sequestrati si spiega con il fatto che per taluni beni, come nel caso dei beni registrati, si è in presenza di modalità di trasferimento del bene che possono essere rese opponibili soltanto con la trascrizione. In questi casi il provvedimento va trascritto anche su questi beni, a tutela del terzo di buona fede;

          d) per le azioni e quote sociali sorgono numerosi problemi. Per le società a responsabilità limitata l'articolo 2471 del codice civile regola l'espropriazione della partecipazione e fa salva la clausola statutaria che vieti il libero trasferimento (clausola che in tale società è perfettamente valida). Tuttavia non vi sono ostacoli al sequestro, se si ammette che esso non abbia finalità meramente anticipatorie della confisca. Diversamente dovrebbe valere il ragionamento che non si può disporre una misura anticipatoria di un provvedimento, la confisca, che non potrebbe incidere sul bene. Quanto alla confisca occorrerebbe prevedere espressamente che in caso di confisca non possono essere opposti limiti statutari alla libera trasferibilità della partecipazione. Inoltre bisogna anche regolare il caso che lo statuto preveda una clausola di prelazione a favore degli altri soci, sul modello di quanto dispone l'articolo 2471, terzo comma, del codice civile, che dispone che: «Se la partecipazione non è liberamente trasferibile e il creditore, il debitore e la società non si accordano sulla vendita della quota stessa, la vendita ha luogo all'incanto; ma la vendita è priva di effetto se, entro dieci giorni dall'aggiudicazione, la società presenta un altro acquirente che offra lo stesso prezzo».

      Per le quote delle società di persone vale il principio affermato dall'articolo 2270 del codice civile in tema di società semplice per cui il creditore particolare del socio può soltanto chiedere la liquidazione della quota, che va liquidata entro tre mesi dalla domanda. In tema di società in nome collettivo tale diritto è ulteriormente limitato dall'articolo 2305 del codice civile che esclude che il creditore particolare del socio possa chiedere la liquidazione sinchè dura la vita della società. Analogo principio vale per la quota del socio accomandatario nell'accomandita semplice.
      Non è evidentemente possibile nell'ambito della disciplina delle misure di prevenzione sciogliere questi nodi, che riguardano in generale la sottoposizione ad esecuzione nelle forme dell'espropriazione delle azioni e delle quote di società. La formula proposta, che prevede che il sequestro su azioni e quote sociali sia eseguito, oltre che secondo le forme del pignoramento presso il debitore o presso il terzo, con l'annotazione nei libri sociali e l'iscrizione nel registro delle imprese, mira a rendere il provvedimento chiaramente opponibile alla società, ai soci ed ai terzi.

 

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      Per quanto concerne gli strumenti finanziari dematerializzati si è fatto riferimento alla disciplina di legge.
      Il sistema di costituzione di vincoli, ivi compresi il pignoramento ed il sequestro, sugli strumenti finanziari dematerializzati è oggi contenuto nell'articolo 15 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 30 dicembre 2003, n. 398. Il principio generale affermato dall'articolo 15 è che i vincoli di ogni genere sugli strumenti finanziari dematerializzati, sia pubblici che privati, si costituiscono unicamente con le registrazioni in appositi conti tenuti dall'intermediario che dovrà comunicare le registrazioni all'emittente nei casi e nei termini previsti dalla legge. Anche nella materia dei vincoli sul titolo, il legislatore ha seguito il criterio ispirativo, conseguente alla dematerializzazione, per cui il titolo dematerializzato non appartiene più alla categoria dei titoli di credito.
      L'articolo 10, comma 1, del decreto legislativo n. 170 del 2004 stabilisce che qualora i diritti aventi ad oggetto o relativi a strumenti finanziari risultino da registrazioni o annotazioni in un libro contabile, conto o sistema di gestione o di deposito accentrato, le modalità di trasferimento di tali diritti, nonché di costituzione e di realizzazione delle garanzie e degli altri vincoli sugli stessi, sono disciplinate esclusivamente dalla legge dell'ordinamento dello Stato in cui è situato il libro contabile, il conto o il sistema di gestione o di deposito accentrato in cui vengono effettuate le registrazioni o annotazioni direttamente a favore del titolare del diritto, con esclusione del rinvio alla legge di un altro Stato.
      Si tratta di una norma di diritto internazionale privato che stabilisce il criterio di collegamento in base al quale è risolto il conflitto tra leggi, attuando comunque il principio, sancito dalla direttiva, della definitività degli ordini di pagamento immessi in un sistema di gestione accentrato, anche in presenza di vincoli sugli strumenti finanziari. È da ritenere che ciò valga anche in caso di pignoramento o di sequestro, anche derivante da misura di prevenzione.
      Più importante per quanto qui interessa è il comma 3 del citato articolo 10 che dispone che se il libro contabile, il conto o il sistema di gestione o deposito accentrato è situato in Italia e si tratta di strumenti finanziari che non sono immessi in un sistema italiano in regime di dematerializzazione ai sensi dell'articolo 28 del decreto legislativo n. 213 del 1998, le modalità di trasferimento dei diritti nonché di costituzione dei vincoli e delle garanzie sugli stessi sono ugualmente regolate dalle disposizioni del titolo V del decreto stesso, in quanto applicabili.

      Se ne può ricavare che in tutti i casi in cui vi è un sistema di gestione accentrata situato in Italia, secondo la previsione dell'articolo 10, comma 1, possa farsi luogo all'annotazione del vincolo nelle forme della disciplina propria dei titoli dematerializzati.
      Proprio per consentire di avvalersi di questa disciplina e per motivi di chiarezza, il testo proposto della norma contiene uno specifico rinvio all'articolo 10 citato, che comunque si applicherà anche in difetto di rinvio.
      La funzione del sequestro di cui agli articoli 2-bis e 2-ter della legge n. 575 del 1965 è anche quella, come è stato efficacemente sottolineato in dottrina, di «interrompere il collegamento tra il bene ed il soggetto» ritenuto pericoloso. Sicché lo spossessamento del soggetto destinatario del provvedimento cautelare deve intervenire necessariamente, quale effetto naturale del sequestro.
      L'immissione nel possesso dei beni, pur non rappresentando una forma di esecuzione del medesimo sequestro, costituisce un momento che assume grande rilevanza nell'ambito del procedimento di prevenzione patrimoniale; dopo lo spossessamento del proposto è, infatti, possibile per l'amministratore relazionare compiutamente al giudice delegato in ordine alla persona e/o alle persone che abbiano un qualsivoglia rapporto con la res, così da introdurre, se del caso, anche significativi elementi di fatto ai fini delle valutazioni
 

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che dovranno essere compiute dal tribunale (ed eventualmente dal giudice di appello) in tema di effettiva disponibilità (diretta ovvero per interposta persona) dei beni da parte del soggetto proposto per l'applicazione delle misure di prevenzione di carattere patrimoniale.
      L'apprensione dei beni (segnatamente di quelli mobili registrati) sovente ha consentito, nella concreta esperienza giudiziaria, l'emersione di situazioni di fatto tali da escludere lo stesso requisito della «disponibilità» da parte del soggetto proposto. Ciò ha determinato la possibilità per il terzo, che assumeva di esercitare sul bene il proprio potere di disposizione, di partecipare al giudizio al fine di ottenere la revoca del sequestro. Diversamente opinando si potrebbe correre il rischio, non infrequente, invero, nella pratica, di pervenire a confische definitive di beni che da tempo non sono più nella disponibilità del proposto, con conseguente onere, per gli interessati, di attivare la procedura prevista per gli incidenti di esecuzione, con l'ulteriore conseguenza di enfatizzazione del momento contenzioso.
      Si è ritenuto, inoltre, di indicare, al fine di evitare incertezze interpretative, quale fosse il momento iniziale del termine annuale (prorogabile di un anno), previsto per l'efficacia del sequestro; si è ritenuto, in specie, di individuare proprio nel significativo momento dell'apprensione e della conseguente immissione nel possesso da parte dell'amministratore giudiziario il suddetto termine iniziale.
      Per motivi di chiarezza e per evitare il pericolo di dispersione dei beni sequestrati si è previsto al comma 2 dell'articolo 2-quater che «l'ufficiale giudiziario procede in ogni caso all'apprensione materiale dei beni e all'immissione dell'amministratore giudiziario nel possesso degli stessi con l'assistenza obbligatoria della polizia giudiziaria».
      La ratio dell'intervento della polizia giudiziaria è strettamente correlata alla evidente delicatezza dei sequestri di prevenzione (stante il ricorrente pericolo di interventi volti a turbare l'ordine pubblico e la stessa effettività del sequestro). Del resto, con tale specifica previsione, è stata trasfusa in una disposizione normativa una modalità sovente posta in essere in sede di apprensione dei beni oggetto di sequestro da parte degli uffici giudiziari.
      Sempre per motivi di chiarezza e per evitare l'insorgere di possibili conflitti di attribuzioni tra gli organi chiamati a cooperare nell'ambito del procedimento si è inoltre stabilito che «l'ufficiale giudiziario e l'amministratore procedono alle trascrizioni, alle iscrizioni e alle annotazioni di cui al presente articolo».
      La ratio di tale previsione deve essere, peraltro, individuata anche nella necessità di evitare una sorta di impropria «moltiplicazione» delle competenze in sede di esecuzione del sequestro, «concentrando», perciò, gli oneri e le responsabilità nelle figure dell'amministratore e dell'ufficiale giudiziario. La previsione risente, del resto, anche delle incertezze desumibili dalle concrete prassi seguite in alcuni uffici giudiziari nei quali si è controverso in ordine al soggetto tenuto agli adempimenti in questione.

Articolo 3: modifiche all'articolo 2-sexies della legge n. 575 del 1965.

      Comma 1.

      La norma regola la nomina degli organi della procedura, giudice delegato e amministratore giudiziario. Si è previsto che il tribunale possa nominare anche più amministratori giudiziari, per far fronte al caso di procedure complesse, ovvero con beni distribuiti in varie località. Si è di conseguenza regolato il regime di formazione della volontà dell'organo secondo il principio di maggioranza. In caso di parità di voti la decisione è rimessa al giudice delegato. La rappresentanza invece a seconda dei casi sarà attribuita dal giudice delegato, secondo valutazioni di opportunità.
      Si è ritenuto di chiarire che l'amministratore giudiziario è pubblico ufficiale, con tutte le conseguenze che sul piano civile e penale derivano da tale qualifica.

 

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      L'amministratore giudiziario deve collaborare anche all'apprensione dei beni. All'attività di esecuzione del sequestro da parte dell'autorità di polizia giudiziaria si accompagnano attività esecutive di vario genere, cui può e deve provvedere l'amministratore giudiziario. Questi peraltro oltre che alla custodia e conservazione dei beni, deve provvedere all'amministrazione. A tale proposito si è ritenuto di ribadire, quale fine dell'attività di gestione, l'incremento della redditività dei beni, ove possibile, e introducendo la prospettiva dell'incremento del valore dell'impresa. L'attività dell'amministratore giudiziario dunque non è meramente conservativa, ma deve curare la gestione dell'impresa come going concern, salvaguardandone avviamento e competitività.
      Ben si inserisce in una tale prospettiva un'attività che venga programmata anche in previsione dell'utilizzo del bene dopo la confisca.
      Particolare significato assume, quindi, la possibilità, esplicitamente prevista dalla modifica proposta, di affidare il bene, già nella fase del sequestro, a quegli stessi soggetti - comunità, enti, organizzazioni del volontariato, eccetera - individuati come protagonisti della realizzazione delle finalità sociali cui debbono destinarsi le ricchezze sottratte alla criminalità organizzata e mafiosa.

      Comma 2.

      Il comma tratta argomenti eterogenei, ma non si è ritenuto di intervenire per limitare al minimo indispensabile gli interventi sul vigente testo legislativo.
      Si prevede che i collaboratori dell'amministratore giudiziario possano essere anche società, ad esempio società di revisione o società che curino la rimessa in funzione della rete informatica e rendano accessibile la contabilità (sovente accade che la contabilità, tenuta in forma informatica, non sia in concreto accessibile, ad esempio perché sono state smarrite o sottratte le password).
      Non si è ritenuto, disattendendo il suggerimento della Commissione istituita presso il Consiglio nazionale dei dottori commercialisti, di riprendere la distinzione tra delegati del curatore e coadiutori. Ai primi può essere conferita delega per il compimento di singole operazioni; i secondi invece sono semplici collaboratori del curatore e nel caso dell'amministratore. Non pare che nel caso dell'amministratore giudiziario, la cui nomina è particolarmente delicata, possa essere lasciata facoltà di farsi sostituire nel compimento delle sue attività da altri soggetti addirittura investiti degli stessi poteri dell'amministratore.
      Il rinvio al comma 4 estende ai collaboratori le incapacità previste per l'amministratore giudiziario.

      Comma 3.

      Si prevede che alle figure tradizionali di avvocato e dottore commercialista e ragioniere, scelti di regola nell'ambito del distretto di corte d'appello cui appartiene il giudice che procede, possano essere affiancati per la nomina a commissario altri soggetti eventualmente indicati dal tribunale all'atto della nomina. Nello stesso modo possono essere scelti soggetti iscritti in diverso distretto di corte d'appello.
      In tutti i casi deve trattarsi di soggetti che abbiano una specifica professionalità, sulla quale il tribunale dovrà motivare. Si prevede peraltro che con proprio decreto il Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, stabilisca i requisiti di professionalità ed onorabilità, che dovranno servire da guida per la nomina. La norma è stata modellata sull'articolo 39 del decreto legislativo n. 270 del 1999 in tema di amministrazione straordinaria, non senza segnalare che il decreto in parola per l'amministrazione straordinaria non è stato ancora emanato.

      Comma 4.

      Nell'indicazione dei soggetti che non possono essere nominati amministratori giudiziari si è aggiornato e migliorato il testo previgente della norma, considerando le incapacità derivanti dalla condanna ad

 

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una pena che importi l'applicazione di una delle pene accessorie di cui agli articoli 28, 29, 30, 31, 32, 32-bis, 32-ter, 32-quater, 32-quinquies, 35 e 35-bis del codice penale o dall'applicazione di una misura di prevenzione.

Articolo 4: modifiche all'articolo 2-septies della legge n. 575 del 1965.

      Commi 1-3.

      La norma, nel definire i poteri dell'amministratore giudiziario, individua gli atti di straordinaria amministrazione per i quali occorre l'autorizzazione del giudice delegato. In proposito si è ripresa la disciplina oggi vigente. Tuttavia per evitare problemi relativi alla determinazione di quali siano gli atti di ordinaria e quali gli atti di straordinaria amministrazione si inserisce un limite di valore adeguabile ogni tre anni. La norma precisa in ogni caso quali sono gli atti (mutui, ricognizione di diritti di terzi, eccetera) che comunque devono essere considerati di straordinaria amministrazione.
      Si è previsto che in caso di alienazione del bene in sequestro o in confisca non definitiva, il vincolo si trasferisca sul ricavato, introducendo un'ipotesi di surrogazione reale non ignota in materia di garanzie reali.
      Nei commi 2 e 3 si è migliorata la disciplina relativa alla tenuta del registro sul quale l'amministratore giudiziario deve tenere nota delle operazioni compiute. Si è infatti chiarito che la tenuta del registro non esclude gli obblighi relativi alla tenuta delle scritture contabili secondo il codice civile. Nel caso di sequestro di azienda, l'amministratore giudiziario dovrà prendere in consegna le scritture contabili ed i libri sociali, sui quali devono essere annotati gli estremi del provvedimento di sequestro, e provvedere nel più breve tempo possibile all'inventario dei beni.

      Commi 4-5.

      Attualmente la disciplina dei depositi è contenuta nel regolamento di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia n. 293 del 1991. Si è ritenuto opportuno inserire la disposizione tra le norme di legge. Da sottolineare che la norma proposta non differisce di molto dalla norma regolamentare, se non per il fatto che si è affermato chiaramente che il deposito deve essere intestato alla procedura, distintamente per ogni singola azienda e persona ad essa sottoposta, fermo restando l'obbligo di tenere separate le masse.
      Si è precisato che l'obbligo di deposito non si estende a quanto il giudice delegato, con decreto, dichiara necessario per le spese di giustizia ed amministrazione.

      Comma 6.

      Riprende il comma 3 dell'articolo 3 del citato regolamento di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia n. 293 del 1991. La revoca dell'amministratore per mancata esecuzione del deposito o per altra grave irregolarità non esclude la responsabilità per le restituzioni e i danni.

      Comma 7.

      La norma chiarisce quali sono gli obblighi dell'amministratore nel caso in cui non debba effettuare il deposito, sancendo il principio per cui egli deve comunque annotare nel registro della procedura gli importi relativi alle spese necessarie o utili per la procedura da lui sostenute mediante prelevamento delle somme riscosse a qualunque titolo, conservare i documenti comprovanti le operazioni effettuate e riportare analiticamente le operazioni medesime nelle relazioni periodiche sull'amministrazione presentate al giudice delegato.

Articolo 5: modifiche all'articolo 2-octies della legge n. 575 del 1965.

      Comma 1.

      Si è rilevato, con riferimento all'articolo 2-sexies, comma 1, che scopo dell'amministrazione è incrementare la redditività dei beni e il valore dell'impresa. Questi princìpi abbisognano tuttavia di essere specificati

 

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con riferimento al caso concreto in cui è stato attuato il provvedimento di sequestro. Si è dunque stabilito che il tribunale determini le direttive generali della gestione dell'impresa in considerazione della natura e dell'oggetto dell'attività e delle possibilità della prosecuzione o della ripresa della stessa, avuto riguardo anche alle risultanze delle relazioni, iniziale e periodiche dell'amministratore. La competenza in tale caso è del tribunale e non del giudice delegato in ragione del carattere strategico di queste scelte.

      Comma 2.

      Con norma innovativa si è previsto che al sequestro di quote ed azioni che siano idonee ad attribuire il controllo di una società, secondo la nozione dettata dall'articolo 2359 del codice civile, si accompagni il potere per gli organi della procedura di nominare nuovi amministratori, senza dover al riguardo provvedere nelle forme ordinarie previste dalla disciplina societaria. In questo caso gli organi esistenti sono sospesi e conservano la rappresentanza della società nel solo procedimento di prevenzione. Il giudice delegato nomina nuovi amministratori e ne determina i poteri. Il compenso dei nuovi amministratori è a carico della società e viene determinato secondo le tariffe professionali.

      Comma 3.

      Anche qui innovando rispetto alla preesistente disciplina si è stabilito che nel caso di sequestro d'azienda, i pagamenti ricevuti dal proposto dopo la trascrizione del provvedimento di sequestro sono inefficaci, onde evitare che la misura adottata riesca inutile per la capacità del proposto di dirottare i pagamenti di crediti inerenti all'azienda a proprio nome. Il terzo debitore è garantito dalla pubblicità assicurata mediante la trascrizione del provvedimento di sequestro sul registro delle imprese, in via del tutto analoga a quanto è stabilito in via generale nel caso della cessione dall'articolo 2559 del codice civile.
      Si è inoltre previsto che ai contratti pendenti si applichino gli articoli 72 e seguenti del regio decreto n. 267 del 1942, di seguito denominato «legge fallimentare», onde assicurare all'amministratore giudiziario, attraverso l'applicazione del generale principio di sospensione dei rapporti pendenti, di potersi sciogliere dai rapporti in essere che possano risultare incompatibili con la situazione in cui si è venuta a trovare l'azienda. Il richiamo della disciplina fallimentare comporta ovviamente che i rapporti per cui la legge fallimentare prevede lo scioglimento automatico (mandato, conto corrente, eccetera) o la prosecuzione automatica (locazione immobiliare) siano regolati nei medesimi termini.

      Commi 4-8.

      Si è prevista una disciplina articolata e dettagliata del contenuto della relazione che l'amministratore giudiziario deve redigere entro un mese dalla nomina e che deve avere ad oggetto le aziende e i beni sequestrati. La relazione deve contenere anche l'indicazione del valore dei beni, determinato eventualmente tramite l'intervento di un perito stimatore, nominato dal giudice delegato su richiesta dell'amministratore.
      Dalla relazione dovranno risultare le difformità tra quanto oggetto della misura cautelare e quanto in concreto acquisito. Nel caso di aziende dovranno anche essere indicate le difformità tra quanto inventariato e quanto risulta dalle scritture contabili. In ogni caso dovranno essere esposte le pretese di terzi sui beni che già risultino all'amministratore.
      Dovranno essere esposte le forme di utilizzo dei beni che risultino più idonee e redditizie, onde assicurare il rispetto della destinazione dei beni all'incremento della redditività e del valore dell'impresa, secondo quanto previsto dall'articolo 2-sexies. La relazione dell'amministratore rappresenta uno strumento essenziale per l'adozione del provvedimento con cui il tribunale determina, ai sensi del comma 1 dell'articolo in esame, le direttive generali della gestione dell'impresa in considerazione della natura e dell'oggetto dell'attività

 

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e delle possibilità della prosecuzione o della ripresa della stessa.
      Assume particolare importanza la previsione che nel caso di sequestro di aziende o di partecipazioni di controllo su società, la relazione contenga anche una dettagliata analisi sulla ricorrenza o meno di concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività produttiva, anche in relazione al grado di caratterizzazione della stessa con il proposto ed i suoi familiari, e precisi la natura dell'attività esercitata, il modo e l'ambiente in cui è svolta, la forza lavoro occupata, la capacità produttiva e il mercato di riferimento.
      Sulla base di questi elementi l'amministratore giudiziario deve presentare al tribunale il piano di risanamento e di ristrutturazione dell'impresa, ove ricorrano appunto concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività produttiva. L'approvazione del piano è rimessa, come per ogni provvedimento di carattere strategico per le sorti della procedura, al tribunale.

      La proroga a novanta giorni del termine di deposito della relazione, ove ricorrano giustificati motivi, si spiega con la complessità e la difficoltà degli accertamenti che sono demandati all'amministratore e con l'esigenza di attendere la stima dei beni. Si tratta di una proroga che in pratica sarà soprattutto utilizzata nel caso di sequestro di aziende e di imprese in attività.
      Gli obblighi d'informazione sono completati dalla previsione delle relazioni periodiche attraverso le quali l'amministratore giudiziario fornisce informazioni sulla gestione. In tali atti egli deve altresì segnalare al giudice delegato l'esistenza di altri beni, che potrebbero formare oggetto di sequestro, di cui sia venuto a conoscenza nel corso della sua gestione.

Articolo 6: modifiche all'articolo 2-nonies della legge n. 575 del 1965.

      Comma 1.

      Disciplina la legittimazione processuale dell'amministratore giudiziario stabilendo che egli sta in giudizio nelle controversie in corso relative ai beni sequestrati.

      Comma 2.

      Riproduce il comma 3 dell'articolo 2-septies, nel testo oggi in vigore, stabilendo che l'amministratore deve adempiere i doveri del proprio ufficio con diligenza. La norma disciplina anche il procedimento per la revoca in caso di inosservanza dei doveri ovvero di incapacità. Il provvedimento è di competenza del tribunale, su proposta del giudice delegato o d'ufficio, sentito l'amministratore giudiziario.

      Comma 3.

      Prevede il segreto d'ufficio sugli atti dell'amministrazione giudiziaria. Con provvedimento motivato il giudice delegato, in caso di necessità, può secretare uno o più di tali atti sino all'udienza camerale, a pena di inutilizzabilità.

      Comma 4.

      La norma disciplina il reclamo contro gli atti dell'amministratore giudiziario. Il reclamo può essere avanzato, entro il termine di dieci giorni dal deposito, dal pubblico ministero, dal proposto e da ogni altro interessato al giudice delegato, che decide con decreto motivato. Avverso il provvedimento del giudice delegato è ammesso reclamo al collegio entro il termine di dieci giorni dal deposito. Del collegio che decide sul reclamo non fa parte il giudice delegato. Avverso il provvedimento del tribunale è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge in caso di lesione di diritto soggettivo entro il termine di dieci giorni dal deposito.
      Va sottolineato che nel prevedere i motivi del ricorso per cassazione ci si è ispirati alla giurisprudenza che si è formata in materia concorsuale con riferimento al ricorso per cassazione contro i provvedimenti pronunciati dal tribunale in caso di reclamo avverso i provvedimenti del giudice delegato. Com'è noto la

 

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materia ha subìto una profonda evoluzione dopo la declaratoria d'illegittimità costituzionale dell'articolo 26 della legge fallimentare. Attualmente la giurisprudenza ammette l'impugnativa per cassazione ex articolo 111 della Costituzione nel caso di provvedimenti che provvedano su diritti soggettivi, mentre nega tale mezzo d'impugnazione nel caso di provvedimenti di carattere meramente ordinatorio.

Articolo 7: modifiche all'articolo 2-decies della legge n. 575 del 1965.

      Comma 1.

      Si è aggiunta al testo originario, che disponeva che le spese necessarie o utili per la conservazione e l'amministrazione dei beni sono sostenute dall' amministratore mediante prelevamento dalle somme da lui riscosse a qualunque titolo, la precisazione che deve trattarsi di somme riferibili a ciascuno dei beni in sequestro, onde evitare che con le somme ricavate da un bene vengano sostenute spese relative ad altro bene.

      Comma 2.

      La norma è rimasta invariata. Il diritto dello Stato al recupero delle spese anticipate e l'obbligo di anticipare non creano problemi di carattere generale.

      Comma 3.

      Riproduce, con qualche aggiornamento, il testo dell'articolo 2-septies, comma 4, che regola il trattamento di trasferta spettante all'amministratore giudiziario.

      Comma 4.

      Il comma è quasi invariato, salvo come modifica per il rinvio al comma 4 dell'ar ticolo 2-septies che diviene il comma 3 dell'articolo in esame, ed un breve inciso che si è inserito. Va osservato che qui non si parla delle spese in prededuzione relative alla gestione dell'azienda sequestrata. Tuttavia non pare il caso di inserire un richiamo a questa categoria di spese, tenuto conto che la norma si limita a considerare il caso della presentazione del conto della gestione al momento in cui viene disposta la confisca ovvero la restituzione dei beni al proposto. Le spese in prededuzione devono gravare sull'azienda, così come del resto anche il compenso dell'amministratore. È da ritenere che la previsione che esso debba essere pagato dall'erario si giustifichi soltanto per evitare all'amministratore di attendere per essere pagato la liquidazione dei beni da parte del demanio. Di conseguenza non si capisce perché la liquidazione del compenso debba avvenire senza diritto al recupero. Si è provveduto quindi alla modificazione della norma, salvo il caso di revoca del sequestro.

      Comma 5.

      La norma regola la liquidazione del compenso. Il testo è invariato, salvo per qualche modifica formale. Si è ritenuto opportuno introdurre la previsione che i criteri per la liquidazione del compenso siano determinati con decreto del Ministro della giustizia, analogamente a quanto è previsto per i curatori fallimentari dall'articolo 39 della legge fallimentare.

      Comma 6.

      Il testo, in gran parte invariato, è del tutto analogo al secondo comma dell'articolo 39 della legge fallimentare in tema di liquidazione del compenso e degli acconti al curatore. Tuttavia si è precisato, in coerenza con quanto stabilito con riferimento al compenso finale dell'amministratore giudiziario, che gli acconti non siano prelevati sulle disponibilità di cassa della procedura, ma gravino a carico dello Stato.

      Comma 7.

Si è innovata la precedente disciplina stabilendo che i provvedimenti di liquidazione del compenso debbano essere comunicati

 

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oltre che all'amministratore, anche al proposto per la misura e al pubblico ministero, onde consentirne l'impugnazione da parte di ogni soggetto interessato.

      Comma 8.

      È stato modificato in modo da assicurare una più completa disciplina dell'impugnazione del provvedimento di liquidazione del compenso.
      Si è previsto che il potere di impugnazione spetti oltre che all'amministratore giudiziario (ipotesi già prevista dal testo vigente dell'articolo in esame) al pubblico ministero. Non vi è legittimazione del proposto perché, anche nel caso in cui non venga disposta la confisca, il compenso rimane a carico dello Stato. È prevista anche la legittimazione ad impugnare dell'obbligato al pagamento, che deve essere sentito unitamente al pubblico ministero e all'amministratore giudiziario. L'impugnazione è alla corte d'appello che decide in camera di consiglio. Se il provvedimento impugnato è della corte, sull'impugnazione provvede la corte stessa in diversa composizione. Contro il provvedimento della corte è ammesso ricorso per cassazione per violazione di legge.

Articolo 8: Modifiche all'articolo 2-undecies della legge n. 575 del 1965.

      Si inserisce qui la disciplina del procedimento di presentazione e approvazione del conto dell'amministratore giudiziario, già regolato dall'articolo 5 del citato regolamento di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia n. 293 del 1991.
      Il testo è sostanzialmente immutato. Però posto che il citato regolamento faceva rinvio al giudizio civile (articoli 189 e seguenti del citato codice di procedura civile) si sono inserite le necessarie norme di coordinamento con la novella del 1990. Va sottolineato che il giudice delegato della misura di prevenzione diviene giudice istruttore civile della causa.
      In alternativa si potrebbe prevedere che il giudice delegato fissi soltanto un termine perentorio per la proposizione del giudizio di rendiconto avanti al tribunale con rito ordinario.
      Mantenendo ferma l'impostazione del citato regolamento si sono dettate le norme. Va sottolineato che una volta che all'udienza non vi è stata approvazione del conto, il giudice fissa l'udienza di comparizione delle parti. Non si è previsto un termine che decorra dalla comunicazione dell'ordinanza, sul presupposto che le parti dovrebbero essere presenti all'udienza di discussione del conto. Non si è determinato il contenuto dell'atto introduttivo del giudizio, limitandosi a stabilire che l'impugnante debba costituirsi in giudizio almeno venti giorni prima dell'udienza. L'atto introduttivo, in pratica una memoria, dovrebbe avere i requisiti di cui all'articolo 163 del codice di procedura civile. Per il resto la disciplina ricalca la tipica disciplina del giudizio ordinario di cognizione in civile.

Articolo 9: modifiche all'articolo 2-duodecies della legge n. 575 del 1965 (ex articolo 2-nonies).

Comma 1.

      Il testo vigente, al secondo periodo, prevede che il provvedimento definitivo di confisca venga comunicato, dalla cancelleria dell'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento, all'ufficio del territorio del Ministero delle finanze che ha sede nella provincia ove si trovano i beni o ha sede l'azienda confiscata. Per coordinare tale originaria previsione con le successive disposizioni normative di cui, in specie, agli articoli 57 e seguenti del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 300 (istitutivo delle Agenzie fiscali), la comunicazione relativa alla definitività della confisca deve avere come destinatari (come, peraltro, già accade nella prassi) la filiale dell'Agenzia del demanio territorialmente competente, oltre che il prefetto ed il dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno.

 

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Si è, altresì, previsto, inserendo, nel secondo periodo della disposizione in commento, che la comunicazione venga effettuata «immediatamente», con ciò imponendosi agli organi a tanto deputati la massima tempestività (così da evitare che si verifichino ingiustificate stasi del procedimento, con inevitabili ripercussioni sui tempi del procedimento amministrativo volto alla destinazione dei beni).

      Comma 2.

      Al fine di evitare eventuali erronee interpretazioni della disposizione vigente si è espressamente previsto che l'amministratore giudiziario svolga le proprie funzioni sotto il controllo della competente «filiale dell'Agenzia del demanio» dopo la confisca «definitiva». L'osservazione di alcune prassi ha evidenziato, invero, che, in alcuni, peraltro sporadici casi, l'allora competente ufficio del territorio sia stato investito del controllo sull'attività dell'amministratore giudiziario dopo la confisca disposta dal tribunale (non ancora divenuta definitiva).
      Il riferimento agli articoli 2-septies e 2-decies, contenuti nel testo vigente, sono stati sostituiti, a seguito della diversa formulazione di dette disposizioni, rispettivamente, dagli articoli 2-nonies e 2-terdecies.

      Comma 3.

      Alla stregua della necessità di assimilare, sotto il profilo, in specie, dei compiti e delle specifiche responsabilità, il ruolo dell'amministratore giudiziario nella fase successiva alla confisca definitiva a quello svolto nel corso della fase giurisdizionale, si è previsto che operi non solo il riferimento all'articolo 2-octies ma anche quello alle disposizioni di cui agli articoli 2-sexies, 2-septies, 2-nonies e 2-decies, in quanto, ovviamente, applicabili. Anche in questo comma le funzioni attribuite alla competenza del dirigente dell'ufficio del territorio del Ministero delle finanze sono state espressamente attribuite al dirigente della competente filiale dell'Agenzia del demanio.

Articolo 10: introduzione degli articoli 2-terdecies, 2-quaterdecies e 2-quinquiesdecies della legge n. 575 del 1965 (ex articoli 2-decies, 2-undecies e 2-duodecies).

      Articolo 2-terdecies.

      Commi 1 e 2.

      Il testo vigente è stato modificato solo avuto riguardo al soggetto - l'Agenzia del demanio - cui spetta provvedere all'adozione del provvedimento di destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali confiscati, su proposta non vincolante del dirigente della competente filiale.
      Nel primo periodo del comma 2 il riferimento all'articolo 2-nonies è stato sostituito con l'articolo 2-duodecies.

Comma 3.

      Nel testo vigente dell'articolo 2-decies il provvedimento di destinazione dei beni indicati nel comma 1 deve essere emesso, su proposta non vincolante del dirigente della competente filale dell'Agenzia del demanio, sulla base della stima del valore dei beni effettuata dal medesimo ufficio, acquisiti i pareri del prefetto e del sindaco del comune interessato e sentito l'amministratore di cui all'articolo 2-sexies. La proposta deve essere formulata entro novanta giorni dal ricevimento della comunicazione del provvedimento definitivo di confisca ad opera della cancelleria dell'ufficio giudiziario che ha emesso il provvedimento; il provvedimento dell'agente del demanio è emanato entro trenta giorni dalla proposta. La scansione temporale del procedimento amministrativo, prevista dalla disciplina vigente, dovrebbe, in teoria, comportare sollecite, effettive destinazioni dei beni definitivamente confiscati.
      Sulla scorta di quanto, in specie, rappresentato dal soppresso Ufficio del commissario straordinario del Governo, è emerso, invece, che, negli anni di applicazione della legge 7 marzo 1996, n. 109, le determinazioni degli organi competenti in

 

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ordine alla destinazione dei beni confiscati sono state segnate da un approccio che sovente ha a dir poco dilatato i tempi del procedimento amministrativo. La natura non vincolante della proposta del dirigente dell'ufficio territoriale dell'Agenzia del demanio ha spinto, perciò, l'Ufficio del commissario straordinario del Governo a ritenere l'obbligatorietà solo di detta proposta e non anche dei pareri consultivi e, ovviamente, non vincolanti, del prefetto e del sindaco.
      Al fine, comunque, di superare le incertezze interpretative e, soprattutto, nella prospettiva di un reale contenimento dei tempi del procedimento amministrativo volto alla destinazione dei beni immobili e dei beni aziendali confiscati, il testo proposto, che sostituisce il vigente comma 3 (in parte riproposto nel nuovo comma 4) introduce, nell'articolo 2-terdecies (ex articolo 2-decies), la norma in commento, in base alla quale il dirigente della filiale dell'Agenzia del demanio è tenuto a formulare la proposta di cui al comma 1 anche in caso di inerzia del prefetto e del sindaco.
      L'esigenza di scandire i tempi del procedimento amministrativo in vista della reale effettività della confisca e della destinazione dei beni ha suggerito l'adozione del secondo periodo, prevedendosi che l'agente del demanio effettui la destinazione dei beni immobili e dei beni mobili aziendali oggetto di confisca anche qualora siano inerti i soggetti tenuti alla proposta e al parere.

      Comma 4.

      È stato introdotto il secondo periodo all'originario articolo 2-decies, comma 3 (il primo periodo è divenuto il primo periodo del presente comma), con la previsione, per l'agente del demanio, dell'obbligo di sostituirsi al comune o alla provincia nel caso che lo stesso non eserciti i poteri di cui al comma 2 dell'articolo 823 del codice civile.
      Anche questa norma risente, all'evidenza, dell'opera di rilevazione delle prassi, invero sovente dilatorie, che caratterizzano l'attività dell'autorità amministrativa nell'ambito, in specie, del procedimento di destinazione dei beni immobili confiscati. L'attribuzione, all'Agenzia del demanio, anche dopo la destinazione di detti beni, del potere di sfratto amministrativo - di cui alla citata disposizione del codice civile - nell'ipotesi in cui detto potere non venga esercitato dal comune al patrimonio del quale i beni siano stati trasferiti per finalità istituzionali o sociali, risponde, evidentemente, alla necessità di addivenire ad una reale (e non solo teorica) utilizzazione di uno strumento (lo sfratto amministrativo) strumentale alla effettiva (e non «virtuale») destinazione dei beni.
      Si deve segnalare come nella prassi sia sovente emersa la volontà contraria alla materiale «consegna», a fini di realizzare la sua destinazione, del bene immobile all'ente locale, pur dopo il provvedimento direttoriale di destinazione; tale volontà è stata giustificata, dai rappresentanti dei comuni, alla luce di una prospettata impossibilità di utilizzare i beni immobili, destinati a finalità istituzionali o sociali, materialmente occupati da terzi, con conseguente, asserita incompetenza del sindaco all'esercizio di qualsivoglia potere di autotutela funzionale ad uno sfratto amministrativo.
      Al fine di superare le notevoli, quando non insormontabili, difficoltà degli enti territoriali comunali ad attuare l'esercizio dell'autotutela amministrativa si è, perciò, ritenuto opportuno individuare nell'Agenzia del demanio il soggetto comunque obbligato all'esercizio dei relativi poteri, in caso di inerzia del comune.

Articoli 2-quaterdecies e 2-quinquiesdecies.

      Sono le nuove numerazioni dei vigenti articoli 2-undecies e 2-duodecies che restano invariati nel testo, salvi i necessari aggiornamenti (in ordine all'ufficio finanziario competente). Il riferimento al comma 1 dell'articolo 2-decies, contenuto nel comma 7 dell'articolo 2-quaterdecies va

 

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sostituito con il riferimento allo stesso comma dell'articolo 2-terdecies proposto.
      Il riferimento ai commi 1 e 5 dell'articolo 2-undecies viene sostituito con quello relativo agli stessi commi del proposto articolo 2-quaterdecies.
      Accanto al comune si è ritenuto di indicare anche la provincia tra i soggetti pubblici al patrimonio dei quali possono trasferirsi i beni immobili confiscati.
      Una siffatta previsione non solo permette una più proficua assegnazione di beni che per la loro particolare ubicazione, natura o stato non potrebbero utilmente essere assegnati al comune ma determina, anche, il positivo coinvolgimento di questo ente locale nel circuito dell'utilizzo dei beni confiscati con benefiche conseguenze anche in termini di programmazione economica e destinazione di risorse a questo settore e ai soggetti che realizzano la destinazione sociale dei beni confiscati alla mafia.
      Si è poi previsto a carico del prefetto l'onere di provvedere, improrogabilmente entro sessanta giorni - dalla scadenza del termine annuale del trasferimento del bene al comune (o alla provincia) - alla nomina del commissario ad acta con poteri sostitutivi, nel caso di inerzia del comune (o della provincia) nella destinazione del bene.
      Parimenti al prefetto è stato assegnato il compito di verifica della corrispondenza dell'uso effettivo del bene alla destinazione assegnata. Con relazione annuale, i prefetti segnalano al commissario per i beni confiscati la situazione riscontrata in concreto.
      Nel caso di accertamento di uso difforme del bene confiscato, il comune o la provincia, dietro segnalazione del prefetto, procedono alla revoca della concessione.
      Si è abrogata la limitazione triennale del fondo istituto presso l'ufficio territoriale del Governo previsto dall'articolo 2-quinquiesdecies, prevedendo il suo finanziamento anche con fondi statali.

      L'ultimo comma dell'articolo 2-quinquiesdecies va coordinato con la nuova numerazione proposta, sicché gli articoli 2-nonies, 2-decies e 2-undecies citati alla prima parte del comma diventano gli articoli 2-duodecies, 2-terdecies e 2-quaterdecies mentre il riferimento all'articolo 2-decies contenuto nell'ultima parte del comma va sostituito con il riferimento all'articolo 2-terdecies.

Articolo 11: modifiche all'articolo 3-ter della legge n. 575 del 1965.

      La norma vigente, al terzo comma, disciplina la sospensione dell'esecutività dei provvedimenti del tribunale che dispongono la revoca del sequestro; in tali casi è, invero, riconosciuta al pubblico ministero la facoltà di chiedere alla corte d'appello, entro dieci giorni dalla comunicazione del provvedimento, la sospensione dello stesso; analoga facoltà non è, invece, prevista nella diversa ipotesi di revoca del sequestro deliberata dalla corte d'appello.
      Si è ritenuto, perciò, opportuno prevedere, con l'introduzione degli ultimi due periodi al terzo comma, che la sospensione della revoca del sequestro possa operare, su istanza del pubblico ministero, anche nei casi di revoca disposta dal giudice di appello (in attesa della definitività della pronuncia in ordine al sequestro). Nell'ipotesi in cui la Corte di cassazione dovesse, invero, annullare con rinvio la decisione della corte d'appello che ha disposto la revoca del sequestro (l'ipotesi non è, nella prassi, assolutamente infrequente), la reviviscenza dell'originario sequestro potrebbe avere, innanzitutto, in base all'attuale disciplina, carattere del tutto virtuale (stante l'eventualità certamente non remota che i beni oggetto del provvedimento cautelare vengano, anche se in parte, dispersi da coloro ai quali siano stati legittimamente restituiti); la reviviscenza del sequestro, a seguito dell'annullamento della revoca del sequestro disposta dalla corte d'appello potrebbe, peraltro, anche collidere con i diritti dei terzi che in buona fede abbiano eventualmente acquistato i beni dei quali, nelle more, la corte d'appello abbia disposto la revoca del relativo sequestro. Qualora,

 

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infine, si addivenga alla confisca definitiva di beni che siano stati acquistati (a seguito della revoca del sequestro) da terzi in buona fede, costoro dovranno proporre un incidente di esecuzione palesandosi un evidente contrasto tra titoli di acquisto dei beni stessi.
      La modifica apportata al quarto comma risente della riflessione, che trae spunto dall'osservazione delle prassi, circa la necessità che sia previsto, per la cancelleria del giudice delegato e, quindi, del tribunale che ha disposto il sequestro di cui all'articolo 2-ter (come, in effetti, sovente accade, sulla base di «un'interpretazione non burocratica» del ruolo), di acquisire, qualora penda il giudizio di impugnazione (presso la corte d'appello ovvero presso la Corte di cassazione), secondo scansioni temporali predeterminate (ad esempio: una volta al mese, una volta ogni due mesi), opportune informazioni in ordine allo stato del procedimento principale. Ciò, in concreto, favorisce la tempestiva modulazione dell'intervento del giudice delegato.
      Non di rado, invero, accade che il giudice delegato (che non abbia, invece, sollecitato l'acquisizione di opportune informazioni in ordine allo stato del procedimento) continui a svolgere le proprie funzioni anche molti mesi dopo che la confisca è divenuta definitiva, con ulteriore conseguente ritardo nel compimento degli atti che, innanzi allo stesso giudice delegato, chiudono la procedura dell'amministrazione giudiziaria (e dei quali, in specie, al citato regolamento di cui al decreto del Ministro di grazia e giustizia n. 293 del 1991); anche la filiale dell'Agenzia del demanio, in tali casi, viene, pertanto, investita con estremo ritardo.
      Si è ritenuto, perciò, opportuno quantomeno prevedere che, in caso di impugnazione, il cancelliere presso la corte d'appello e quello presso la Corte di cassazione provvedano a comunicare immediatamente, e, comunque, non oltre dieci giorni, le rispettive decisioni al tribunale (così da garantire, in specie, che il procedimento relativo all'approvazione del conto di gestione venga tempestivamente attivato dal giudice delegato, con l'ulteriore conseguenza di più sollecite scansioni temporali del procedimento amministrativo volto alla destinazione del bene).
      La concreta esperienza giudiziaria segnala, altresì, che i giudizi di primo grado, nell'ambito dei quali sia stato disposto il sequestro di prevenzione, si esauriscono in tempi relativamente contenuti mentre non sono mancati casi di giudizi d'appello che si sono protratti talvolta anche per numerosi anni. È di tutta evidenza che la particolare «sollecitudine» dei giudici di primo grado «risente» della previsione del termine annuale di efficacia del sequestro (prorogabile di un ulteriore anno) ai sensi del terzo comma dell'articolo 2-ter.
      La norma in commento introduce, perciò (con l'introduzione di un ulteriore comma), anche per il giudizio di appello, gli stessi termini, relativamente all'efficacia del sequestro, previsti per il giudizio innanzi al tribunale. Ciò, all'evidenza, comporterà necessariamente la riduzione dei tempi necessari per addivenire alla eventuale confisca (ovvero, comunque, alla conclusione del giudizio); con il conseguente contenimento, nell'ipotesi di confisca, dei tempi complessivi necessari alla conclusione del procedimento, volto alla destinazione dei beni, giusta le disposizioni di cui alla legge 7 marzo 1996, n. 109 (con l'ulteriore conseguente riduzione dei costi che lo Stato sopporta per le amministrazioni giudiziarie).
 

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